LO STATO DEI RICORSI.

Riflessione.
Forse qualcosa sta cambiando, e questa per me è una giornata meravigliosa dal punto di vista professionale!
Qualche giorno fa, un mio Assistito è stato prosciolto dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale militare di Roma – con sentenza di non luogo a procedere passata in giudicato – dall’accusa di “diffamazione aggravata”, per avere espresso ai suoi colleghi e superiori gerarchici, con una mail, il proprio risentimento per il suo trasferimento ad altra sede di servizio e incarico. E sono rimasto colpito non solo dalla grande professionalità del Magistrato, attento e scrupoloso nell’esaminare gli atti processuali ed evitare così l’aggravio – economico e di sofferenza umana – di un processo, ma anche dall’inaspettata commozione del luogotenente nell’apprenderne l’esito, e nel costatare che, finalmente, dopo mesi terribili, tutto si era finalmente risolto per il meglio.
Ieri pomeriggio, invece, ho appreso che il T.A.R. dell’Aquila aveva sospeso gli effetti di un trasferimento d’autorità di un mio Assistito ad altra sede di servizio lontana dalla propria residenza: anche in questo caso, il sottufficiale non era più in sé per l’ovvia felicità e per la conseguente tranquillità che – mi ha riferito – mancava a lui e a tutta la sua famiglia da qualche mese a questa parte.
E questo dopo che nella stessa mattinata, un altro mio Assistito era stato prosciolto dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale militare di Roma dall’accusa di “diffamazione pluriaggravata” per avere, con nota riservata, offeso l’onore e la dignità di un suo superiore gerarchico – per certi versi poi “pentitosi” della denuncia a suo tempo prodotta e per questo nemmeno costituitosi parte civile nel processo. E pensare che poco prima di entrare in aula – visibilmente sconvolto e provato da lunghi mesi di sofferenza personale e familiare (con una figlia nata da poco…) – avrebbe voluto patteggiare la pena, e quindi ammettere una colpa che in realtà il Giudice ha poi accertato non avere. Inutile descrivervi il suo stato d’animo dopo la lettura della sentenza che l’ha scagionato da ogni addebito: un’esplosione di gioia, contenuta come nel suo stile, ma comunque sconvolgente, avendo la consapevolezza che non avrebbe dovuto sopportare più altre “pene” e spese per il prosieguo del processo.
Ecco, queste tre sentenze – e le ultime notizie locali di cronaca nera – hanno rinnovato la fiducia che da sempre nutro verso la Magistratura, e la stima e riconoscenza che riservo alle Forze dell’ordine/armate in generale: la prima, impegnata a salvaguardare anche la tenuta (e, quindi, l’auspicata ripresa) morale della nostra “disastrata” Nazione, e le seconde, la Sua sicurezza e difesa ed il Suo prestigio internazionale.
Ed ho contestualmente avvertito, come se fosse già una certezza, che anche i nostri ricorsi potrebbero concludersi positivamente. D’altronde, chi ha avuto la possibilità di parlare con me personalmente, sa bene che quando decido di patrocinare una causa ho la presunzione di ritenere che la stessa sia fondata e, quindi, di dover rivendicare diritti legittimamente dovuti ai miei Assistiti.
Dobbiamo essere un po’ più ottimisti e credere che, alla fine, tutto andrà per il verso giusto!
E sono altresì convinto che se ciascuno di noi recupererà quell’entusiasmo, quello stato d’animo e quell’energia positivi che abbiamo avuto – da giovani (ahinoi!) – nell’intraprendere i nostri rispettivi percorsi professionali, consegneremo un Paese migliore alle future generazioni, ovvero ai nostri figli e/o nipoti, i quali hanno bisogno di sentirsi infondere da noi fiducia, nella consapevolezza che insieme possiamo crescere e sperare in un futuro più roseo.
Ad maiora!
 
Avv. Roberto Mandolesi
 
Un importante post scriptum: Sospinto da questa ventata di rinnovato ottimismo, Vi informo che è mia ferma intenzione depositare al più presto sia il ricorso c.d. Indennità di comando che quello c.d. Pensioni - Risarcimento danni. Quanto al ricorso sul c.d. Tetto salariale, invece, stante le decisioni negative della Corte costituzionale, valuterò se vi sono le condizioni per ricorrere positivamente alla Corte Europea - C.E.D.U. – l’unica, a questo punto, in grado di riconoscere i sottesi diritti.